Dare un titolo ad un dipinto, spesso non e’ cosi’ immediato o semplice come si pensa. Intanto bisogna dire che soltanto dalla fine del XVIII secolo si e’ iniziato a dare titoli ai quadri. I titoli delle opere precedenti sono stati assegnati dai critici per distinguerli e anche oggi diversi artisti titolano la loro opera “senza titolo”. Come scelta in se’ e’ ineccepibile, in quanto essendo un dipinto una macchina per creare interpretazioni, qualsiasi titolo assegnato può indurre ad una interpretazione. Io comunque prediligo titolare i quadri, perchè un titolo, se ben studiato, può arricchire l’opera, completarla, nel senso che le parole del titolo devono essere considerate alla stregua di una pennellata aggiuntiva che arricchiscano l’opera di ulteriori elementi compositivi. Quando io scelgo un titolo, cerco sempre di indurre ad una sorta di smarrimento iniziale, che obblighi ad una riflessione in modo da suscitare emozioni nello spettatore, e nuove chiavi di lettura, facendo si che questi si stupiscano di vedere cio’ che inizialmente non hanno visto. Ma il titolo non deve solo indicare un’altra strada, ma far comprendere che esistono infinite altre strade interpretative. Faccio un esempio: se io dipingo una rosa e poi intitolo il quadro “la rosa”, non aggiungo nulla a cio’ che e’ gia’ palese osservando il quadro. Lo spettatore non e’ sollecitato od arricchito da nessuna emozione se non quella dovuta al piacere di vedere una rosa ben dipinta (forse). Ma se io intitolo lo stesso quadro “mia madre”, creo inizialmente un’emozione dovuta allo smarrimento, perche’ chi guarda non si aspetta un titolo di questo genere. Induco quindi a riflettere, molto probabilmente il risultato di tale riflessione sara’ uno o piu’ nuovi modi di leggere l’opera, chi dedurra’ che la rosa e’ usata come simbolo di bellezza, purezza, amore e dolcezza per indicare la madre, oppure piu’ semplicemente che mia madre si chiamava Rosa, oppure anche chi piu’ sofisticamente puo’ darne una interpretazione allargata alla parola madre, tipo madre natura, simboleggiata dalla rosa. Chiaramente non e’ facile riuscire costantemente a sollecitare nuovi tipi di interpretazioni coerenti col dipinto, ed e’ proprio per questo che il titolo rappresenta sempre una ricerca ed una crescita non meno importante dell’evoluzione pittorica poiche’ io lo considero parte integrante del dipinto stesso.
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“Chiamare le cose col loro nome” è a questo che mi servono i titoli nel mio lavoro. Il titolo utilizza l’alfabeto letterale che è diverso da quello visivo ma in un qualche modo incomincia a proiettare l’anima di chi osserva l’opera in un mondo, che è quello dell’artista che l’ha prodotta. Credo che il titolo sia un valore aggiunto importante ma che deve nascere spontaneo e aprire nuovi canali sensitivi, se dovessi mai dipingere un vaso di fiori non lo chiamerei mai “vaso di fiori”… forse lo intitolerei “Marta”, ed è lì immezzo tra l’immagine e lo spaesamento come tu giustamente sostieni, che nasce la poesia.