SMARTART N. 54 – L’OFFICINA FERRARESE

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SMARTART N. 54 – L’OFFICINA FERRARESE

La corte estense del XV e XVI secolo, fu una delle più importanti e culturalmente avanzate d’Italia.Le principali menti del tempo, furono chiamate a Ferrara nella metà del Quattrocento presso la corte di Lionello e successivamente di Borso d’Este: Pisanello, Leon Battista Alberti, Jacopo Bellini, Piero della Francesca, Andrea Mantegna, Roger Van der Weyden, Jean Fouquet furono artisti che contribuirono, grazie alle loro opere , a trasformare la città e farla divenire una delle mete culturalmente più avanzate del tempo, un luogo, come ad esempio Firenze o Mantova, nel quale si poteva venire a contatto con i migliori artisti dell’epoca e, di conseguenza, venire a conoscenza delle tecniche e degli stili più innovativi. Purtroppo la maggior parte delle opere che questi maestri realizzarono per la corte Estense e’ andata irrimediabilmente distrutta o dispersa, ma la presenza di questi maestri e lo studio delle loro opere influenzò gli artisti ferraresi di quel tempo e contribuì alla formazione di una delle più eclettiche, fantasiose, audaci, scuole del tempo, quella che Roberto Longhi, nel 1934 chiamò “Officina Ferrarese”. Una scuola che fu ignorata per molto tempo, ma che grazie alla riscoperta dei meravigliosi affreschi di palazzo Schifanoia, che per secoli erano rimasti nascosti sotto stucchi decorativi, a partire dai primi dell’Ottocento, fu via via rivalutata. Ma andiamo con ordine. Il principale protagonista della scuola ferrarese fu Cosmè Tura (1430 – 1495) e le altre due figure più importanti furono quelle di Francesco del Cossa (1436 – 1478) e di Ercole de’ Roberti (1450 – 1496). Difficilissima e’ stata nei secoli, l’attribuzione certa dei dipinti a ciascuno di questi artisti, anche perché molte loro opere, soprattutto polittici, sono state frantumate, frammentate in opere piu’ piccole ed ora si trovano sparse nei musei di tutto il mondo, magari senza attribuzione, sul genere di “anonimo italiano del ‘400”. Non e’ stato facile neppure risalire alla composizione reale di alcuni polittici, anzi, tuttora gli storici sono alquanto discordanti nelle ricostruzioni. Ma, partendo dalle opere certe, si evince che la caratteristica della loro pittura, e’ rappresentata dall’eccesso; ogni aspetto formale e compositivo e’ portato al limite estremo, soprattutto nelle opere del Tura; eccesso di decorativismo, eccesso timbrico dell’uso del colore, fino a diventare violento, eccesso dell’espressività nella resa dei volti, fino a trasformarli in maschere grottesche; eccesso della resa prospettica, eccesso dell’utilizzo simbolico di forme che per certi versi mi ricordano opere estreme di Salvador Dalì. Eccesso di fantasia. Ma questi eccessi, non costituiscono un’accezione negativa, anzi, forniscono prova di grandissima personalità, nonchè di libertà espressiva tanto da poter considerare, le opere di questi artisti, le più originale e le più estrose dell’intero rinascimento; questo, non bisogna dimenticarlo, anche grazie ad una corte illuminata, quella Estense, disposta a lasciare assoluta libertà espressiva agli artisti incaricati dei lavori. Non e’ un fatto consueto. Forse, parole mie di cui mi assumo la responabilità, quello della “scuola ferrarese, fu il primo caso in assoluto nella storia dell’arte, in cui un gruppo di artisti ha creato una sorta di contestazione ed ha remato controcorrente nei confronti dell’arte “ufficiale” rappresentata dall’Umanesimo classico. Una contestazione che non andava a negare, ma che andava ad esasperare, che andava a contestare il rigore che il Rinascimento proclamava. E lo contestava liberando all’estremo la fantasia creativa pur rimanendo entro i limiti estremi dello stile rinascimentale.Il polittico per l’altare della chiesa olivetana di San Giorgio fuori le mura a Ferrara, (disperso tra i vari musei in giro per il mondo) nel pannello centrale dipinto dal Tura, ci mostra la Vergine in trono (1470-74, National Gallery di Londra), una prospettiva dal basso estremamente azzardata e spettacolare, un trono di un’architettura assolutamente surreale con nicchia a conchiglia, ornato da putti bronzei e grappoli d’uva metallici; volti, che, pur rifacendosi a quelli eterei e languidi di Piero della Francesca, ne danno un aspetto totalmente differente, oserei affermare ironico. La simmetria e lo schema triangolare, invece permane. E’ incredibile il verticalismo evidenziato dalla forma dell’organo alla base, accentuato dal trono, improvvisamente frenato e schiacciato dalla volta a cassettoni. Posto di seguito alcuni dipinti di questo artista ancora troppo relegato ai margini della storia dell’arte, impossibile poterli descrivere per questioni di spazio, ma lascio a voi giudicare le evidentissime differenze riscontrabili soprattutto in rapporto agli schemi canonici del Quattrocento; notiamo la tendenza volta alla ricerca espressionistica dei volti (un espressionismo ante litteram), come già accennato in precedenza e come nel dipinto di San Giorgio e il drago il ricamo rosso rappresentato dalle briglie del cavallo suggerisca un ritmo astratto ed il muso del cavallo stesso, atterrito, sia spaventoso ed appaia più mostruoso di quello del drago. Oppure la fantasia sfrenata nell’opera “la Primavera, così distante concettualmente dall’opera con lo stesso tema dipinto da Botticelli negli stessi anni.Ho accennato al rinascimentale palazzo Schifanoia, quello che ci interessa di questo palazzo e’ il salone dei mesi, una sala completamente affrescata che fu scoperta nel 1821, in quanto in precedenza tutte le pareti erano ricoperte da stucchi. Gli affreschi che sono stati restaurati sono sicuramente opera dell’Officina Ferrarese ed e’ provata l’esecuzione di alcuni di essi da parte di Francesco del Cossa, probabilmente altri sono di Ercole de Roberti, ma non e’ accertato che ve ne siano di Cosme Tura, anche se e’ evidente la sua influenza e potrebbe essere stato l’ideatore, lo sceneggiatore dell’intera stanza. Si tratta di 525 mq. di pareti affrescate, in cui si mescolano scene di vita dell’epoca a simbologie zodiacali, astrologiche, alchemiche, mitologiche, magiche. La composizione rispecchia le caratteristiche citate a proposito del Tura, caratteristiche comuni, anche se con differenze individuali, ai componenti dell’Officina Ferrarese. Questo palazzo, recentemente riportato a nuovo splendore ospita numerose miniature che rappresentano un’altra peculiarità dell’Officina Ferrarese. Per concludere, vorrei fare una considerazione: ho nominato Salvador Dalì, sicuramente in quanto ad eccessi la sua pittura mostra parentele con quella dei pittori ferraresi del quattrocento, ma non voglio trascurare nemmeno un’altra figura chiave del ‘900, in particolare mi riferisco a Giorgio De Chirico, il quale, non a caso, trovò proprio nel suo soggiorno ferrarese l’ispirazione per la sua pittura metafisica, una pittura misteriosa e magica, ma anche classica e mitologica; già, mistero,magia, classicismo, mitologia…. Non sono forse gli stessi elementi riscontrati nel salone dei mesi e nelle pitture di Cosmè Tura, di Francesco del Cossa e di Ercole de Roberti? Colgo l’occasione per informare che fino al 10 gennaio 2021, palazzo Schifanoia ospita una bellissima mostra: “Schifanoia e Francesco del Cossa, l’oro degli Estensi”.

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